La villa con due porte
di Vera Bekteshi

Vera Bekteshi è oggi un’affermata scrittrice albanese. Figlia di un generale dell’esercito, che è stato anche Direttore dell’Istituto di Studi Militari, durante il regime di Enver Hoxha, cresciuta a Tirana in quello che viene chiamato il “Blocco della dirigenza “, cioè il perimetro della capitale riservato agli alti papaveri del regime, divenne a un certo momento vittima dello stesso. E non per merito o demerito suo, giovane donna allora, studentessa di fisica all’università, bensì, semplicemente, per essere figlia di un uomo improvvisamente accusato di complottare contro Hoxha.
Il padre venne arrestato e condannato, insieme a tutta la famiglia, moglie e figli compresi, all’isolamento in tre successivi villaggi dell’Albania, uno più sperduto dell’altro. Un internamento che sarebbe durato ben 16 anni, fino alla morte del dittatore e la caduta del regime, anni segnati dal cambiamento di status, ovviamente, e miseria e malattie, oltre che vessazioni di ogni tipo, a cominciare da un controllo asfissiante con microfoni nascosti nelle case in cui vivevano, in un uso contingentato dell’energia elettrica, dell’acqua, del latte (200 grammi a famiglia) e del lavoro coatto nei campi.
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